COVID-19: importazione di dispositivi di protezione individuale (DPI) e dispositivi medico-chirurgici

19/03/2020 di EasyFrontier

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con la Direttiva 4 del 17 marzo 2020, ha fornito alcune linee di indirizzo per la gestione dell’emergenza da COVID-19.

Di particolare importanza per le aziende è la parte che precisa che anche i privati possono importare le mascherine e gli altri dispositivi allo scopo, ad esempio, di fornirle ai propri dipendenti e/o di commercializzarli sul territorio nazionale per fronteggiare il Coronavirus.

Tali prodotti possono essere classificati o come dispositivi medico-chirurgici o come dispositivi di protezione individuale (DPI): ai fini dello sdoganamento, i primi devono essere accompagnati da nulla osta sanitario rilasciato dall’USMAF territorialmente competente mentre i secondi devono essere conformi agli standard unionali e presentare la marcatura CE.

Per le 72 ore successive all’emanazione della Direttiva, ovvero fino a stasera/domani, l’Agenzia delle Dogane ha previsto un’accelerazione dello sdoganamento per le imprese, prevedendo l’invio di una mail da parte dell'azienda o suo rappresentante doganale all’Ufficio di importazione circa l’arrivo della spedizione, al fine di ottenere un rapido svincolo delle merci. Nulla è stato ancora deciso per i giorni successivi.

È stata, poi, prevista una deroga per le mascherine destinate all’utilizzo da parte della Protezione Civile, Enti di Stato, Istituzioni impegnate in compiti di sanità pubblica, Croce Rossa Italiana: secondo la Direttiva 4, tali prodotti, indipendentemente dal fatto che siano dispositivi medici o DPI, possono essere importati senza essere sottoposti a controllo dell’USMAF e senza rilascio del relativo nulla osta sanitario; è sufficiente che il destinatario ottenga parere favorevole dell’ISS – Istituto Superiore di Sanità, prima dell’utilizzo delle mascherine.

Oltre alle linee di indirizzo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, è opportuno prendere in considerazione anche quanto disposto dall’articolo 6 del D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Legge “Cura Italia”):

1. Fino al termine dello stato di emergenza […] il Capo del Dipartimento della protezione civile può disporre […] con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, anche per assicurare la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere ubicate sul territorio nazionale, nonché per implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia.

[…]  4. Contestualmente all’apprensione dei beni requisiti, l’amministrazione corrisponde al proprietario di detti beni una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione. In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata. Tale somma è liquidata, alla stregua dei valori correnti di mercato che i beni requisiti avevano alla data del 31 dicembre 2019 e senza tenere conto delle variazioni dei prezzi conseguenti a successive alterazioni della domanda o dell’offerta”.

Sulla base di quanto appena riportato e al fine di fronteggiare l’emergenza, dunque, il Capo del Dipartimento della protezione civile può requisire alle aziende private, a seguito dello sdoganamento delle merci, i presidi medico-chirurgici e i dispositivi di protezione individuale importati. È stato previsto, però, che in tal caso l’amministrazione corrisponda una somma di denaro pari al valore di mercato di tali beni al 31 dicembre 2019.

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