Il governo italiano, nel “pacchetto crescita”, ha inserito alcune misure legate alla disciplina del “Made in Italy”.

Anche se non vi è ancora nulla di certo e il testo ufficiale non è ancora stato pubblicato, il Sole 24 Ore e altre agenzie di stampa hanno fornito alcune anticipazioni.

Nello specifico, la misura contenuta nel “pacchetto crescita” prevedrebbe che sarà possibile apporre l’emblema di Stato sulla merce di origine non preferenziale Italia accanto alla dicitura “Made in Italy”.

L’apposizione dell’emblema di Stato sarà facoltativa: le imprese potranno decidere volontariamente di apporre il contrassegno sui propri prodotti, a fronte di un pagamento.

Sempre sulla base di quanto riportato su Il Sole 24 Ore, si potrà ricorrere a tale possibilità solo per le vendite nei mercati extra-UE, ovvero per la merce che sarà esportata.

È opportuno precisare, però, che l’origine non preferenziale determinata sulla base delle regole di origine previste dal Codice Doganale dell’Unione e Regolamenti annessi – in particolare, allegato 22-01 del Regolamento Delegato (UE) 2015/2446 e successive modifiche – potrebbe non essere accettata nei Paesi di destinazione. Infatti, a livello WTO, è riconosciuto esclusivamente il principio dell’ultima lavorazione sostanziale, che i singoli Paesi, poi, possono declinare a propria discrezione. Come precisa la Guidance on Non-Preferencial Rules of Origin della Commissione europea di dicembre 2018, infatti, l’allegato 22-01 del Regolamento Delegato è vincolante solo per le merci che sono vincolate al regime di immissione in libera pratica (ovvero, le merci che sono importate) nel territorio doganale dell’Unione europea. Con riferimento alla merce da esportare, l’unico principio valido resta l’ultima lavorazione sostanziale.